Monumenti Sardegna antica: 5 luoghi imperdibili da Nord a Sud dell’isola
Monumenti Sardegna, un viaggio tra i luoghi più suggestivi della Sardegna antica
Dal parco Archeologico di Nora a Pula al Tempio di Antas a Fluminimaggiore, passando per la Tomba dei Giganti di Coddu Vecchiu ad Arzachena, ecco cinque monumenti della Sardegna dove il tempo sembra essersi fermato a un’epoca lontana.
In Sardegna, il passato non è mai solo memoria. È un testimone vigile, che si intreccia silenziosamente al presente e traccia la strada verso il futuro, mantenendo sempre viva e ardente l’anima antica dell’isola. Si tratta di un processo di trasformazione, o meglio evoluzione, che corre su due binari paralleli: ogni pietra, ogni rovina, ogni monumento è una traccia indelebile della storia e al contempo un invito alla scoperta e alla riflessione. Qui, il tempo non scorre lineare come altrove, ma si stratifica, aggiungendo di volta in volta nuova profondità e significato.
I monumenti della Sardegna antica, con la loro bellezza senza tempo e il loro fascino semplicemente magnetico, raccontano così la storia di popoli leggendari che vivevano in armonia con la terra, di riti misteriosi a metà tra sacro e profano, e di conoscenze ancestrali tramandate di generazione in generazione. Attraversare questi luoghi, presenti in maniera armonica sugli oltre 24.100 km2 del territorio isolano, permette quindi di compiere un vero e proprio viaggio nel suo cuore più autentico. Un viaggio che non è solo fisico, ma anche storico, spirituale ed emozionale.
Dagli imponenti nuraghi, che si ergono come guardiani silenziosi di un passato mai dimenticato, alle misteriose tombe dei giganti, testimonianza di un mondo ormai scomparso di concepire la morte e l’aldilà, ogni monumento della Sardegna è un tassello di un puzzle che ci invita a riflettere sulle origini e sulle identità di un popolo, quello sardo, ancora oggi fortemente legato alle sue tradizioni e al suo passato.
Da Nord a Sud, ecco un viaggio in cinque tappe tra i luoghi magici che celebrano la straordinaria eredità della Sardegna antica.
Monumenti della Sardegna antica: un viaggio in cinque tappe tra i luoghi più suggestivi
Un viaggio, in Sardegna, non è mai un semplice viaggio: è un’avventura che permette di accedere, tappa dopo tappa, a un nuovo livello di comprensione dell’intricato, sfaccettato, ed estremamente affascinante mosaico di culture, dialetti e popoli che qui non hanno soltanto coesistito, ma che si sono integrati tra di loro in maniera armoniosa, talvolta sorprendente, contribuendo a costruire il ricco patrimonio di simboli e racconti condivisi che oggi comunemente associamo all’idea di sardità.
Qui di seguito, cinque luoghi in cui fermarsi -per qualche minuto, ora, o anche giorno- per assaporare il “sapore” più autentico dell’Isola, ma anche trascorrere del tempo di qualità in compagnia dei propri cari sullo sfondo di paesaggi naturali semplicemente mozzafiato.
1. Nuraghe di Santu Antine (Torralba, Sassari)
Il viaggio tra i monumenti della Sardegna antica inizia con il maestoso Nuraghe di Santu Antine, un’imponente costruzione che si erge a guardia della Valle dei Nuraghi, vicino al pittoresco paesino di Torralba (Turalva in sardo), nel cuore del Meilogu, una sub regione del Logudoro.
Ci troviamo nella porzione nord-occidentale della Sardegna, un territorio popolato da spettacolari crateri vulcanici ormai inattivi, ma anche delle testimonianze dell’antica civiltà nuragica che qui ha prosperato in un arco temporale collocabile approssimativamente tra il 1800 a.C. e il III sec a.C., abbracciando Età del Bronzo, Età del Ferro ed Epoca Storica.
In un’area relativamente circoscritta, accoccolata tra verdi colline e vallate incantate, troviamo infatti più di dieci tombe dei giganti e oltre trenta nuraghi, tra cui quello di Santu Antine, che assieme a quello di Barumini nel villaggio nuragico di Su Nuraxi, situato invece nel cuore nella sub-regione storica della Marmilla, oggi parte della provincia del Sud Sardegna, è tra i più visitati e meglio conservati dell’intera Isola.
Risalente al II millennio a.C., questo monumento realizzato con enormi blocchi di pietra calcarea cattura subito l’occhio con la sua imponente torre cilindrica che sfida spazio e tempo, raggiungendo un’altezza di circa 18 metri e dimostrando le notevoli capacità architettoniche dei costruttori locali.
Entrando nel nuraghe, ci si imbatte in una camera centrale caratterizzata da un soffitto a volta e tre nicchie, le cui funzioni rimangono ancora oggi avvolte nel mistero: potrebbero essere state utilizzate per rituali o per conservare oggetti preziosi; ad ogni modo immaginarle piene di vita, di suoni e di storie, ci riporta immediatamente a un’epoca lontana, un invito a immergersi nella vita quotidiana di una società antica e complessa, in parte ancora avvolta dal mistero.
2. Tomba dei Giganti di Coddu Vecchiu (Arzachena, Sassari)
Proseguendo verso la Costa Smeralda, quel incantevole tratto della costa di Arzachena (provincia di Sassari) che si estende da Capo Ferro fino al golfo di Cugnana, ci imbattiamo in un’altra incredibile testimonianza della Sardegna antica: la Tomba dei Giganti di Coddu Vecchiu, nota anche come Coddu Vecchju o ‘Ecchju.
Si tratta di un antico sepolcro edificato in più fasi a partire dal Bronzo antico (XVIII secolo a.C) utilizzando materiali locali quali granito, e ultimato poi durante i secoli successivi, durante il cosiddetto Bronzo medio (tra il XVI e il XIV secolo a.C), con l’aggiunta dell’esedra frontale all’originale tomba a galleria, dove sono stati rinvenuti numerosi frammenti di vasi utilizzati per la preparazione e il consumo di cibi e bevande, probabilmente impiegati durante riti funebri e cerimonie in onore degli antenati, e dell’imponente stele centinata.
Una lastra che con i suoi oltre quattro metri detiene il primato della più alta dell’Isola, un’importante testimonianza dell’elevato livello di sofisticazione delle tecniche architettoniche dell’epoca, che simbolicamente fungeva da porta d’ingresso verso il Regno dei Morti. È interessante osservare anche come all’interno del corridoio funerario i corpi venissero inumati senza distinzione di sesso, età o ruolo sociale, a testimonianza dell’uguaglianza che caratterizzava la comunità nuragica di fronte alla morte.
Il monumento è situata ad appena 700 metri dal complesso nuragico La Prisgiona e immerso in una lussureggiante vegetazione che contribuisce a creare quel senso di intimità che rende la visita un’esperienza ancora più intensa e contemplativa, che porta a interrogarsi sulle radici stesse dell’umanità.
3. Pozzo Sacro di Santa Cristina (Paulilatino, Oristano)
Avanzando verso l’entroterra, nel comune di Paulilatino, pittoresco paesino di circa duemila abitanti circondato da lussureggianti sughereti, oliveti e vigneti, e situato nella porzione più meridionale del vasto altipiano basaltico di Abbasanta, tra Campidano e Montiferro, troviamo poi il Pozzo Sacro di Santa Cristina. Il tempio a pozzo nuragico più rappresentativo e meglio conservato della Sardegna, il cui nome deriva dalla vicinanza con l’omonimo novenario dedicato alla vergine martire di Bolsena, e oggi considerato una delle massime espressioni architettoniche della civiltà nuragica presenti sul territorio isolano.
Si tratta peraltro di un luogo infuso di spiritualità e misticismo, dove a regnare sono pace e silenzio, che scaturiscono in primo luogo dall’incredibile ordine e dalla perfezione geometrica nella disposizione delle pietre squadrate che circondano l’ingresso alla struttura, caratterizzata da una pianta a forma di trifoglio composta da tre elementi principali: il vestibolo, la scala discendente e la camera ipogeica in cui si trova la riserva d’acqua.
Il vestibolo, un passaggio rettangolare costruito con pietre tagliate con precisione pressoché millimetrica, funge da introduzione all’area sacra e accompagna il visitatore verso l’elemento centrale: la scala, che con i suoi 25 gradini perfettamente simmetrici e la sua volta a ogiva formata da blocchi di basalto disposti in modo progressivo, conduce dalla superficie verso la camera ipogea a tholos. In questa cavità circolare sotterranea, l’acqua viene artificialmente mantenuta a un livello costante di 50 cm tramite un canale di scolo costruito al tempo della scoperta del monumento verso la metà dell’Ottocento, in modo da permettere la visita alla porzione interna del pozzo.
Oltre alla sua funzione di raccolta dell’acqua piovana, tuttavia, interessante è anche notare il ruolo che questo monumento svolgeva nel contesto del culto di antichi dei, come Mamusa, la Dea sarda delle Acque. Un culto che al tempo era particolarmente sentito e diffuso, al punto che è possibile parlare di una vera e propria “religione delle acque”, un elemento naturale strettamente connesso con la vita e la creazione.
La struttura stessa del pozzo presenta un allineamento preciso rispetto agli equinozi e ai solstizi, indice della volontà di costruire un legame tra il mondo terreno e quello cosmico/divino: durante questi momenti dell’anno, i raggi del sole penetrano attraverso l’apertura superiore e illuminano la camera in un perfetto gioco di luci, un segno evidente dell’interesse delle antiche popolazioni per l’astronomia e della simbologia cosmologica. Inoltre, ogni 18,6 anni, durante il periodo del lunistizio maggiore, la luce della luna penetra attraverso il foro della camera, riflettendosi perpendicolarmente nello specchio d’acqua sottostante.
4. Tempio di Antas (Fluminimaggiore, Sud Sardegna)
Ė ora tempo di dirigersi verso il sud-ovest dell’isola, e più precisamente a Fluminimaggiore, piccolo centro ospitato nel cuore della valle del Rio Mannu (Iglesiente), un vero e proprio eden protetto dal pittoresco monte Conca s’Omu e ammantato da un silenzio quasi irreale, dove è possibile ancora oggi scorgere le rovine di un antico tempio di origine romana, già santuario nuragico e in auge anche in epoca punica, quello di Antas.
Si tratta di un monumento carico di storia e di simbolismo, scoperto dal generale La Marmora nel 1836 e successivamente restaurato nella seconda metà degli anni Sessanta, che porta con sé l’impronta delle diverse civiltà che hanno abitato l’isola. L’edificio è infatti stato edificato con pietra calcarea locale in più riprese, a partire dal VI secolo a.C. su un sito già sacro già in età nuragica, ed è stato dapprima testimone dell’arrivo dei cartaginesi in quest’area particolarmente fertile, attorno alla quale si trovavano abbondanti giacimenti di piombo e ferro, e poi verso la metà III a.C., dei romani.
Fu proprio in questa epoca che il tempio (dedicato prima al dio punico, guerriero e cacciatore, Sid Addir e successivamente al corrispettivo sardo Sardus Pater Babai, in un emblematico esempio del sincretismo religioso molto comune durante l’epoca romana) venne ricostruito per volere dell’imperatore Augusto, e successivamente ristrutturato per ordine di Caracalla nel I secolo d.C., arrivando a ottenere la particolare configurazione che possiamo ancora oggi ammirare. Il tempio è infatti distinguibile per il pronao con quattro colonne frontali e due laterali alte circa otto metri, caratterizzato da capitelli ionici e fusti lisci, e per la cella accessibile dai lati, che si estende per undici metri e ospita un adyton (area di culto interna) con cisterne per i riti di purificazione. Sul frontone è ancora visibile l’epigrafe dedicata a Caracalla, mentre è andato perso nel tempo il frontone triangolare che la sormontava.
Gli strati di storia presenti sul sito rendono il Tempio di Antas un raro esempio di sovrapposizione culturale, con culti che evolvono e si adattano a nuove divinità senza mai cancellare completamente i precedenti. Tra il resto si tratta di uno dei pochi esempi di templi a cielo aperto presenti in Sardegna, dove il rapporto tra struttura architettonica e ambiente naturale crea un unicum dal grande potere evocativo. Ancora oggi, infatti, visitando Antas, si percepisce il fascino antico di un culto che rendeva omaggio non solo alla divinità, ma anche alla bellezza della natura, rivelando come le culture antiche sarde sapessero fondere perfettamente architettura, religione e paesaggio.
A breve distanza dal tempio, una necropoli con tombe a pozzetto risalente all’inizio dell’Età del Ferro conserva bronzetti votivi, come una figura maschile armata di lancia che potrebbe rappresentare lo stesso Sid Addir o il Sardus Pater. Inoltre, il sito include tracce di un villaggio nuragico, con strutture circolari abitate nuovamente in età romana. Non troppo lontano anche una cava, anch’essa risalente all’epoca romana, presumibilmente utilizzata anche per estrarre le pietre del tempio, e la vicina Grotta di Su Mannau, una meraviglia naturale e archeologica, usata per cerimonie prenuragiche e nuragiche, con un complesso carsico di straordinaria bellezza naturale.
5. Area Archeologica di Nora (Pula, Cagliari)
Infine, il tour dei monumenti della Sardegna antica si conclude presso all’Area Archeologica di Nora, vicino a Pula, a poche decine di chilometri a sud-ovest di Cagliari, il primo insediamento fenicio dell’intera isola, fondato intorno al IX secolo a.C., nonché uno dei centri nevralgici dell’economia del tempo, grazie alla sua posizione strategica che la rendeva uno dei porti più vitali del Mediterraneo occidentale.
Nel VI secolo a.C., la città passò sotto il dominio dei Cartaginesi, i quali la trasformarono in un centro fortificato e popolato, ampliandone l’estensione e rafforzandone l’influenza commerciale e culturale. Di questo periodo, rimangono soltanto alcune strutture difensive, il tophet, ovvero un santuario fenicio-punico, i resti del tempio dedicato alla dea Tanit e alcuni impianti artigianali nell’area più vicina al mare che dimostrano l’uso della città come nodo di scambio e contatto con il mondo punico.
Tra gli antichi resti possiamo inoltre trovare una necropoli con tombe risalenti alla fine del VII secolo a.C. e agli inizi del VI secolo a.C. mentre del periodo nuragico-fenicio è la stele di Nora, realizzata in pietra arenaria, dove compare per la prima volta il nome della Sardegna indicato con la parola Shrdn, un reperto di incredibile valore oggi conservato all’interno del Museo archeologico nazionale di Cagliari.
La massima espansione di Nora venne raggiunta però con la dominazione romana, iniziata nel III secolo a.C., quando la città divenne un autentico centro urbano dotato di importanti edifici pubblici. Tra i monumenti romani più imponenti ancora visibili oggi, spiccano il foro, l’anfiteatro e il teatro, unico nel suo genere in Sardegna, con una capienza di circa mille spettatori, ancora oggi in ottime condizione, e le fastose ville nobiliari, arricchite da preziosi mosaici, una dimostrazione dell’elevato grado di raffinatezza e della ricchezza raggiunta in questa fortunata epoca.
L’area archeologica conserva inoltre i resti di templi e terme, testimonianza della grande attenzione che i nobili romani ponevano al benessere di corpo e mente, mentre le strade pavimentate di pietra attraversano l’intero sito, collegando Nora alle aree principali della città e testimoniando l’organizzazione urbana di questa “metropoli” antica.
La città venne poi riscoperta alla fine dell’Ottocento per opera di Giovanni Spano, Filippo Vivanet e Filippo Nissardi, ed oggi è nota non solo per essere uno dei siti archeologici più suggestivi e meglio conservati della Sardegna, offrendo un viaggio estremamente affascinante tra epoche diverse, ma anche perché.fu il luogo dove avvenne il martirio di Sant’Efisio, il santo che liberò l’Isola dalla catastrofica epidemia di peste di metà Seicento, a cui è dedicata la chiesetta ancora oggi meta di pellegrinaggio durante le celebrazioni dell’omonima Festa.
Sardegna: monumenti antichi, ma anche relax, sport e buon cibo
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