Maschere Carnevale e dolci tradizionali: un viaggio tra tradizioni e sapori della Sardegna

Maschere Carnevale e dolci tipici: un viaggio tra tradizioni e sapori della Sardegna

Le celebrazioni di Carrasegare in Sardegna, tra antiche maschere di Carnevale e golosi dolci tipici

Alla scoperta delle affascinanti maschere che rendono unico il Carnevale sardo e dei dolci di Carnevale, ricchi e goduriosi nella loro autentica semplicità, che raccontano secoli di storia e tradizione attraverso i loro sapori e profumi inconfondibili.

Tra i periodi migliori per organizzare un indimenticabile viaggio in Sardegna vi è sicuramente il mese di febbraio, con il suo ricco programma di manifestazioni ed eventi legati alle celebrazioni del Carrasegare, il Carnevale sardo, che prendono ufficialmente il via già nella

notte del 17 gennaio con l’accensione dei fuochi di Sant’Antonio Abate. Si tratta senza dubbio di una delle celebrazioni più sentite e celebrate sull’Isola, che affonda le sue radici in secoli di tradizione, spiritualità e folklore. Un mix di influenze e contaminazioni che la rendono molto più di una semplice festa, ma è un’esperienza che coinvolge tutti i sensi, un’occasione per scoprire antiche maschere carnevale e un ricco patrimonio di usanze e costumi che rendono questa celebrazione unica al mondo.

Durante questo periodo, le piazze e le strade di città e paesini si popolano infatti di figure misteriose e affascinanti, come i Mamuthones e gli Issohadores di Mamoiada, nella parte più interna della Barbagia di Ollolai, nel nuorese, che con le loro imponenti maschere e i pesanti campanacci evocano non solo storie di un tempo lontano, ma anche la connessione profonda tra uomo, natura e le forze divine. Figure, che sembrano uscire da un altro mondo, incarnano la lotta perpetua tra la vita e la morte, celebrando la rinascita della primavera e la continuità dei cicli naturali.

Il Carnevale, infatti, è visto infatti non solo come un momento di passaggio, una grande celebrazione collettiva e culinaria, che precede l’arrivo della Quaresima, durante la quale vige l’astinenza dai piaceri terreni, tra cui la carne (non a caso la parola “carnevale” deriva proprio dall’espressione latina carnem levare, ovvero “eliminare la carne”) e dunque un momento in cui l’abbondanza e il divertimento si incontrano prima della riflessione e del sacrificio che caratterizzeranno i quaranta giorni di penitenza, ma anche come un ponte che collega il presente e il passato dell’Isola, mantenendo quest’ultimo sempre vivo nella memoria e nella cultura isolana attraverso celebrazioni e usanze in cui i suoni, i profumi e i colori continuano a incarnare l’essenza dell’identità sarda.

In questo scenario, l’antica Isola di Ichnusa si trasforma in un palcoscenico vivente, e il Carnevale non è solo un’occasione di festa, ma un rito che celebra e rafforza il legame profondo della comunità con la propria storia e le proprie tradizioni, portando in scena una cultura che resiste e si rinnova di anno in anno, senza mai perdere però l’identità e i caratteri che da sempre la contraddistinguono.

A donare un tocco di dolcezza a questa festività ci sono poi i dolci di Carnevale sardi, ricchi nella loro estrema semplicità e rusticità, realizzati con ingredienti genuini e provenienti dal territorio, spesso fritti e ricoperti di aromatico miele sardo o zucchero. Dagli intramontabili Parafrittus (o frati fritti), soffici ciambelline fritte, in grado di scaldare le pance e i cuori, a prelibatezze più elaborate. Tra queste ultime, le zippulas, dal soffice impasto lievitato a base di farina di semola, latte e uova (alcune ricette prevedono anche l’utilizzo di patate o ricotta per rendere le zeppole ancora più morbide e sfiziose), aromatizzato con scorze d’arancia, liquore all’anice e, talvolta, pistilli di zafferano, e poi fritto nell’olio o nello strutto e cosparso, ancora una volta, con zucchero e miele, e gli iconici mustazzolos, la versione sarda dei mostaccioli, biscottini a base di farina, zucchero, lievito, cannella e scorza di limone, impreziositi con una glassa a base di zucchero, acqua e maraschino (talvolta sostituito con acqua di fiori d’arancio per una versione più delicata), una ricetta che, con piccole variazioni, è diffusa pressoché in tutto il Centro-Sud Italia. Una vera e propria festa per gli occhi -e non solo!

Le maschere di Carnevale sarde: miti, origini e simbolismo

Le maschere Carnevale sardo rappresentano una ricca e affascinante tradizione che si innesta in antichi miti e credenze, spesso legate alla protezione della gente e della terra da forze maligne. Al tempo stesso, ogni regione della Sardegna ha un proprio modo unico e caratteristico di celebrare la festa di carrasegare, mantenendo vivi miti e credenze popolari -spesso sospese tra la sacralità delle celebrazioni religiose e la profanità del folklore popolare- che raccontano le radici profonde dell’isola.

Che si tratti dei Mamuthones e Issohadores di Mamoiada o dei Boes e Merdules di Ottana, ognuna di queste maschere di Carnevale tradizionali racchiude un simbolo di identità culturale, un ponte tra due mondi lontani, quello frenetico e iperconnesso di oggi, e quello lento e contemplativo di un tempo, che arricchisce il Carnevale sardo di significati profondi e rituali che continuano a vivere nonostante il passare del tempo.

Ecco una carrellata delle maschere carnevale più diffuse sull’Isola, della loro origine e del loro significato.

Mamuthones e Issohadores di Mamoiada: il mito della lotta tra il bene e il male

Tra le maschere Carnevale sardo più note vi sono sicuramente i Mamuthones e gli Issohadores, che prendono vita nel cuore della Sardegna, a Mamoiada, nel territorio montano della Barbagia. I Mamuthones, il cui nome sembrerebbe derivare da melaneimones, traducibile in italiano con “facce nere”, un attributo dato dai sardi ai fenici, sebbene l’attribuzione esatta del termine, così come l’origine esatta di questo peculiare “travestimento” restano ancora oggi oggetto di controversia, portano maschere di legno scuro (visera), mentre il corpo viene coperto da pelli di pecora nera (mastruca), con una serie di campanacci (carriga) sistemati sulla schiena. Questi, di solito, sono i “cattivi”, i portatori di forze oscure.

Gli Issohadores, al contrario, caratterizzati da maschere bianche, corpetti rossi (curittu), camicia e pantaloni bianchi, una bandoliera di campanellini in bronzo (sonajolos) in vita e ghette in orbace (cartzas), simboleggiano la purezza e la luce, l’elemento positivo che, con i loro movimenti, leggeri e acrobatici, sembrano bilanciare le forze più oscure dei Mamuthones.

La danza di queste due figure, che si svolge secondo una precisa disposizione delle due maschere e particolari mosse di danza, con i Mamuthones che procedono in modo più lento e in silenzio, e gli Issohadores che danno movimento alla processione, è uno degli eventi centrali del Carnevale di Mamoiada, una lotta simbolica tra il bene e il male, tra la vita e la morte, che si conclude con la rinascita della natura, con la speranza di buoni raccolti.

Boes e Merdules di Ottana: la lotta tra uomo e animale

Spostandosi soltanto di pochi chilometri si arriva al paese di Ottana, luogo dove si celebra una delle tradizioni carnevalesche più misteriose e antiche dell’isola: quella dei Boes e dei Merdules. I Boes, maschere spaventose, ricoperte di pelli di capra e con corna che ricordano quelle degli animali, rappresentano la forza primitiva della natura, la potenza selvaggia degli animali. I Merdules, invece, sono maschere che simboleggiano l’uomo, con abiti tradizionali che riflettono la vita rurale e i colori della terra.

La “danza” che coinvolge queste due figure racconta una lotta rituale tra l’istintività animale e la razionalità umana, che rappresenta simbolicamente l’affronto delle forze naturali, una metafora dei cicli della natura e dei conflitti tra il selvaggio e il civilizzato, tra il caos e l’ordine. Questo furioso scontro, tuttavia, non è mai completamente distruttiva ma, piuttosto, può essere visto anche come un atto di creazione e rinnovamento: l’uomo, che riesce a dominare la forza animale, si prepara a vivere un altro anno di prosperità e abbondanza, tutti temi ricorrenti nei riti di Carnevale celebrati in molte culture, anche al di fuori dell’Isola.

Ad accompagnare queste due maschere di Carnevale tradizionale anche la figura di Sa Filonzana, l’unico personaggio femminile delle festività carnevalesche celebrate sull’Isola (almeno in senso figurativo, in quanto in passato alle donne era probito partecipare attivamente a questi riti, e dunque sotto alla maschera c’era un uomo travestito), un’anziana gobba e zoppa vestita di nero intenta a filare la lana. Anche in questo caso, forte è il simbolismo che si nasconde dietro questa maschera di Carnevale: il filo rappresenta infatti la la vita e la vecchietta è pronta a tagliarlo con un paio di forbici davanti a chi non le offre da bere, un evidente riferimento alle Parche romane (o Moire per i greci).

Durante la festa, Sa Filonzana è anche testimone della morte simbolica dei Boes, che, come da tradizione, vengono ordinati a “morire” dalla sua voce autoritaria, che si rialzano poi dopo alcuni istanti, pronti a riprendere a sfilare. Un gesto che rappresenta la resilienza della vita stessa, che, pur nella sua caducità, si rinnova continuamente, proprio come la terra che riprende vita ogni anno dopo il sonno invernale. Sa Filonzana, con la sua figura inquietante e simbolica, diventa quindi un mediatore tra il mondo dei vivi e quello degli spiriti, collegando il Carnevale a un senso profondo di rinnovamento e di continuità, che attraversa il tempo e le tradizioni della Sardegna.

Sos Maimones di Ulassai: la divinità della protezione

Tra le maschere di Carnevale più diffuse vi è poi quella di Sos Maimones, noto anche come Maimulu. che si ritrova in particolare modo nel Carnevale di Ulassai, un borgo-museo situato al centro dell’Ogliastra, nella parte centro-orientale della Sardegna. I Sos Maimones, con le loro maschere fatte di legno, con corna che ricordano quelle dei caproni, sono figure mitiche a metà tra uomo e animale, secondo alcuni legate al culto delle divinità protosarde, spiriti che abitavano la montagna e la foresta, e che nutrivano un legame diretto con la natura selvaggia e primitiva dell’isola. Per altri, invece, queste figure invece Dioniso, il dio greco del vino e della “follia”.

In entrambi i casi, la loro funzione rituale rimane la stessa, ovvero quella di proteggere la comunità dai pericoli, specialmente da malattie e calamità naturali. Così, anche se il Carnevale sardo è un momento di festa, il suo significato profondo rimane -ancora una volta- legato alla necessità di ritrovare un equilibrio con la natura e con le forze superiori.

Il Carnevale di Tempio Pausania: il rogo di Re Giorgio

Infine, uno degli eventi più emozionanti del Carnevale sardo è quello che si svolge a Tempio Pausania, nel cuore della Gallura, dove ogni anno -fin dal lontano Settecento- si celebra il “Rogo di Re Giorgio” (Gjolgiu), una maschera antica, risalente all’epoca pre-romana e simbolico sovrano del Carrasciali Timpiesu, che incarna lo spirito della terra che fruttifica, a cui anticamente venivano dedicati dei sacrifici, in un rituale di purificazione volto a favorire il benessere dell’intera comunità.

Il fantoccio del re è preceduto da una sfilata di sgargianti carri allegorici, selezionati attentamente da un giuria nei mesi che precedono la manifestazione e ognuno ispirato a un tema specifico, spesso legato all’attualità, mentre al termine della processione hanno il via i cosiddetti “veglioni del Teatro del Carnevale”, con musica, danze, e tante prelibatezze locali. Il Carnevale di Tempio Pausania ha una durata totale di sei giorni, con inizio il giovedì grasso e fine il martedì grasso (giorno del rogo di Re Giorgio), durante i quali l’intero paese di trasforma in un vero e proprio palcoscenico a cielo aperto, con eventi culturali e intrattenimento per grandi e piccini.

Il Carnevale sardo è dunque molto più di una festa di maschere e balli: è un rito che celebra la connessione tra l’uomo e la terra, tra il mondo materiale e quello spirituale. Le maschere Carnevale, con la loro simbolicità, raccontano storie di protezione, purificazione, rinascita e fertilità, raccontando una Sardegna che non è solo geografia, ma è anche storia, mitologia e tradizioni che si tramandano di generazione in generazione. Oggi come ieri, un invito a riflettere sulle forze che ci sovraintendono e che possiamo affrontare solo se sappiamo, attraverso la tradizione, proteggere l’essenza della nostra cultura.

Dolci Carnevale sardo: un tripudio di sapori autentici, traduzione e golosità

Il Carnevale in Sardegna non è solo maschere e riti ancestrali, ma anche un’occasione per celebrare la tradizione gastronomica dell’isola, ricca di dolci che affondano le loro radici in epoche lontane. Ogni zona ha le sue specialità, ma tutte condividono ingredienti semplici e genuini, come miele, zucchero, farina, uova e strutto, che danno vita a preparazioni golose, spesso fritte e impreziosite da aromi agrumati e liquori locali.

Tra i dolci del Carnevale sardo più rappresentativi spiccano le zippulas (o tzìpulas), tipiche del Campidano, soffici frittelle di pasta lievitata a forma di spirale, aromatizzate con scorza d’arancia, talvolta arricchite con filu ‘e ferru (una tipica acquavite sarda), e poi servite calde e spolverate di zucchero a velo, sprigionando un profumo irresistibile. Un altro dolce iconico del Carnevale sardo sono i para frittus, noti anche come frati fritti, anch’essi soffici ciambelle dalla consistenza morbida e dal delicato aroma agrumato, che si differenziano dalle prime.per la loro forma ad anello e per l’impasto più soffice e spugnoso, ad alta idratazione e ben lievitato, che conferisce al dolce una leggerezza quasi impalpabile nonchè la tipica alveolatura interna.

Non meno prelibate sono le poi le orilletas, note anche con le varianti dialettali di origlietas, orulletas o urigliettas, nastrini di pasta dolce (a base di grano duro, uova e miele), fritti e poi immersi nel miele, che assumono una consistenza croccante fuori e morbida dentro. Diffuse soprattutto nel sud della Sardegna, e in particolare nelle regioni storiche della Baronia, delle Barbagie, del Logudoro e della Gallura, ricordano nella preparazione -ma certamente non nella forma- le famose chiacchiere diffuse pressoché su tutta la Penisola, sebbene l’aggiunta del profumatissimo miele locale le renda ancora più uniche e golose.

A queste delizie si aggiungono poi le gatzas (note anche come gathas cattas), frittelle preparate con un impasto semplice ma gustoso, a base di farina di semola, acqua, strutto e lievito naturale (o lievito di birra). La loro consistenza ricorda quella del pane, soprattutto quando nell’impasto viene aggiunta la patata lessa, che le rende ancora più soffici e leggere. La particolarità di queste frittelle risiede la loro versatilità: prive di zucchero o uova, possono essere gustate sia in versione dolce, con una spolverata di zucchero che ne esalta la fragranza, sia in versione salata, accompagnate da formaggi, salumi o altri prodotti tipici sardi.

Tra i dolci di Carnevale più sfiziosi troviamo poi gli Uvusones, piccoli bocconcini di pasta fritta preparati con farina, zucchero, burro, uova e lievito. La loro vera particolarità è il tocco finale: dopo la frittura, queste golose palline vengono riempite di miele di acacia e filu ‘e ferru, che conferiscono loro un sapore unico e avvolgente. Infine, non si può parlare di Carnevale senza menzionare gli Arrubiolus, deliziose palline di ricotta fritte e ricoperte con zucchero a velo o miele. Aromatizzati con scorza d’arancia o di limone, devono il loro nome alla caratteristica sfumatura rossastra che assumono dopo la frittura.

In definitiva, il Carrasegare sardo è un’esperienza che coinvolge tutti i sensi, e i dolci sono una parte essenziale di questa celebrazione. Quale modo migliore per scoprire queste prelibatezze se non immergendosi nell’atmosfera unica di un viaggio in Sardegna durante il periodo di Carnevale? Tra maschere affascinanti, danze ipnotiche e profumi irresistibili, questa terra saprà conquistare anche i cuori più scettici con la sua autenticità e il suo straordinario patrimonio culturale fatto di antiche leggende, riti ancestrali e sapori che raccontano la storia di un popolo fiero e profondamente legato alle proprie tradizioni.

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