Allegri: al Forte Village il mister che ha fatto la storia del calcio
Il Forte Village è il luogo perfetto per una vacanza all’insegna del benessere e della privacy, lo sa bene mister Massimiliano Allegri.
Il numero uno tra gli allenatori del calcio italiano quando vuole dimenticare lo stress della panchina sceglie il resort circondato dai profumi della natura incontaminata e dallo splendido mare di Sardegna.
Al Forte Village i bambini che sognano di diventare dei grandi campioni di calcio si allenano alla Chelsea Football Academy e forse tra loro c’è il futuro Massimiliano Allegri, il celebre allenatore che ogni anno sceglie il resort di Santa Margherita di Pula per le sue vacanze.
Nato l’11 agosto 1967 a Livorno e cresciuto nel quartiere di Coteto, Allegri prima di diventare un allenatore ha vestito i panni del calciatore ricoprendo il ruolo di centrocampista. Nel corso della sua carriera ha indossato le maglie di Pisa, Pescara, Cagliari, Perugia e Napoli, e Italo Allodi, uno dei più importanti dirigenti calcistici italiani, lo descrisse agli esordi come un giocatore “dotato di tanto talento e di un carattere un po’ scanzonato”.
Allievo di Giovanni Galeone, a metà tra genio e sregolatezza, intuitivo e con quel pizzico di sana follia, Allegri fu ribattezzato da Rosanno Giampaglia, suo allenatore negli anni in cui Massimiliano militava nel Livorno, “acciuga” per il fisico magro e dinoccolato che gli permetteva di sgusciare facilmente tra le fila della difesa avversaria. Un soprannome che gli resterà cucito addosso e lo accompagnerà anche nel corso della sua vita da mister.
Da calciatore a tecnico, la panchina dell’Aglianese segna l’esordio di Massimiliano Allegri nel ruolo di allenatore a cui seguirà quella del Sassuolo, stagione 2007-2008, che per la prima volta nella sua storia, sotto la guida del mister, otterà la promozione in Serie B e la vittoria della Supercoppa di Serie C1. Una stagione positiva per Allegri che viene anche insignito della Panchina d’oro di Prima Divisione, il premio assegnato dall’Associazione Italiana Allenatori di Calcio.
È il 29 maggio 2008 quando il tecnico si accorda con il Cagliari e ottiene il suo primo ingaggio da allenatore di Serie A. Durante gli anni alla guida della squadra rossoblu, il mister riceve il premio Panchina d’oro come miglior allenatore della precedente annata di Serie A. Il rapporto con la società calcistica sarda andrà avanti fino al 27 giugno 2010 data che segna l’arrivo di mister Max al Milan, dove rimarrà fino al 2014 portando a casa uno scudetto e una Supercoppa italiana.
Dal 2014 al 2019 è sulla panchina della Juventus e con la Vecchia Signora, mister Allegri conquisterà ben undici trofei: cinque campionati italiani, dal 2015 al 2019, quattro Coppe Italia consecutive e due Supercoppe italiane.
Oltre alla Panchina d’Oro di Prima Divisione, Massimiliano Allegri è stato eletto quattro volte Panchina d’oro e migliore allenatore AIC, ha vinto nel 2015 il Premio Nazionale Enzo Bearzot e dal 2018 è entrato a far parte della Hall of Fame del calcio italiano.
Allegri: l’intervista esclusiva del Forte Village
Allenatore vincente e fan della Sardegna e del resort, Massimiliano Allegri si racconta in un’intervista esclusiva per il Forte Village e spiega perché l’isola è la sua meta preferita.
Da anni viene in vacanza qui al Forte Village, è il suo luogo dell’anima?
Sì. Per me, i pochi giorni di vacanza che ho sono sacri e voglio passarli in un luogo dove al primo posto ci sono privacy e relax. Se continuo a tornare qui é proprio per questi motivi, che mi vengono garantiti con efficienza e gentilezza dallo staff e da tutte le persone che vi lavorano. Il Forte è un posto meraviglioso dove io mi rilasso, recupero energie e sto vicino alle persone a cui voglio bene. E poi adoro questa terra, i suoi colori, gli odori, le persone.
Un luogo che conosce bene. Lei ha vissuto in Sardegna prima come calciatore poi come allenatore del Cagliari, dal 2008 al 2010. Qual è il tratto caratteriale di questa terra che le piace di più?
Vero, qui avevo già avuto un’esperienza da giocatore dal ’92 al ’96 e già mi ero trovato e integrato benissimo. Ho sempre avuto tanti amici sardi, persone con cui ho legato, li ho vissuti, legami veri, persone meravigliose. All’inizio fai un po’ fatica ad entrare nel loro mondo, ma quando entri non ti lasciano più andare. E poi amo questa terra, ho conosciuto tutta la Sardegna, da Cagliari fino al Nord. Il mare è strepitoso, ma per come sono fatto io, mi affascinano particolarmente le zone interne, la storia, le persone che ci vivono, gente leale, corretta, semplice. A me piacciono tantissimo perché con loro riesco finalmente a vivere la normalità.
La normalità è anche staccare per un po’ dal rutilante, stressante mondo del calcio giocato e soprattutto parlato…
Infatti quando sono al Forte, vi sembrerà strano, ma a tutto voglio pensare meno che al calcio. Quindi per una decina di giorni provo, con buon successo, a buttare la pallina da tennis oltre la rete… Un po’ di bowling, che è la passione di mio figlio, ma soprattutto tanta pallacanestro, uno sport che a me piace tantissimo. Cose semplici, ma per me momenti di svago e di relax totale da vivere con la mia famiglia.
Cerca la normalità, ma predica la follia. La citiamo: “Un po’ di sana follia, mettere da parte i ragionamenti e pensarsi invincibili” è quel che ha detto in una recente intervista nel delineare la sua mentalità nella gestione del gruppo…
Quando gestisci persone sono importanti la comunicazione e soprattutto, la gestione delle risorse umane. Due cose che richiedono anche un po’ di sana follia perché non sono cose che puoi fare solo attraverso protocolli e schemi, quelli che ormai nel calcio tutti applicano pedissequamente. Non è proprio cosi. Ci vuole imprevedibilità, ci vuole intuizione, bisogna vivere di sensazioni per gestire l’integrità di una squadra e di tutti quelli che vivono attorno ad essa. Ma non dico niente di strano, credo che questo accada in ogni azienda e per ogni dirigente che ha tante persone da gestire.
Dicono che lei abbia portato leggerezza nell’ambiente calcistico. Secondo lei è più proficua del rigore?
Direi un giusto mix. Nel lavoro l’importante è saper distinguere quando è il momento di lavorare e quando c’è un po’ di tempo per poter scherzare e rilassarsi. È molto importante distinguere i due momenti ma praticarli entrambi. Bisogna essere seri ma non troppo, non sempre. Mai prenderti troppo sul serio. Il nostro corpo ma soprattutto la nostra mente ogni tanto hanno bisogno di staccare
Mentalità vincente, intelligenza capacità di comprendere il singolo, entrare quasi in empatia con i suoi calciatori. Qual è il suo segreto?
Glielo dico in tre sole parole: gestire risorse umane. Conoscere le persone con cui lavori. Ecco il segreto.
E lei ne ha conosciute tante, di persone, nella sua lunga e vincente carriera. È in queste relazioni che trova gli stimoli per andare avanti e continuare a vincere?
Molto. Il confronto è fondamentale, aiuta tantissimo. Il segreto è quello di alzare continuamente l’asticella e trovare l’accrescimento per superarla nel dialogo costruttivo con gli altri. Ma il confronto va fatto con le persone che lavorano al tuo fianco e sotto di te. Altrimenti, se ascolti solo te stesso, difficilmente puoi migliorare.
Ci vuole molta passione, per realizzare la sua filosofia. Come nasce la sua passione per calcio?
Da bambino, come per tutti. Ma non pensi che sia stata la mia unica passione. Ne ho avute tante. Il basket soprattutto, meno male che non ho continuato! (ride). Ho amato molti sport, una cosa che tutti i bambini devono fare: conoscere tutti gli sport è fondamentale per la crescita sia sportiva che di vita. Solo dopo si sceglie.
Cosa consiglierebbe a un giovane che intraprende la carriera di calciatore?
Anche qui una sola parola: passione. È la cosa più importante. In tutti i lavori ci vuole passione per riuscire. Non molti ragazzi oggi ce l’hanno, in ogni tipo di lavoro, non solo nel calcio. Vedo in loro poco entusiasmo, poco divertimento, Devono ritrovarla questa passione, e noi dobbiamo aiutarli a farlo. Questo è molto importante.
E lei la passione ce l’ha. Se non avesse scelto il calcio cosa farebbe oggi Massimiliano Allegri?
Mah… non so mica cosa avrei fatto! Io, sono sincero, fino all’età di 24 anni ho anche cazzeggiato molto. E alla fine tutto è stato abbastanza casuale e fortuito: al calcio mi ci ha portato la passione che ho dentro. Avrei potuto metterla in altro, ma l’ho messa nel calcio e ho avuto la fortuna di fare prima il calciatore e poi, soprattutto, l’allenatore. Quella stessa passione che auguro di ritrovare ai ragazzi di oggi.
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