Sant’Efisio la festa della Sardegna: simboli e riti tra folklore e devozione
Sant’Efisio, una delle feste religiose più importanti della Sardegna
L’antica festa di Sant’Efisio si svolge ogni anno a Cagliari, dal 1° al 4 maggio, in un trionfo di colori, abiti della tradizione e canti devozionali.
È la Festa della Sardegna per eccellenza quella di Sant’Efisio, un rituale che si tramanda da quasi quattro secoli, una suggestiva processione (tra le più lunghe e antiche del mondo) di ben 65 chilometri che conquista chiunque abbia l’occasione di assistervi, turisti e sardi provenienti da ogni parte dell’isola.
Dal 1 al 4 maggio Cagliari si trasforma e si ammanta di un’atmosfera magica e toccante plasmata dal rumore degli zoccoli dei cavalli e delle ruote dei carri e dai passi di 3000 persone che danno vita al solenne corteo che si snoda per la città in abiti tradizionali in un trionfo di colori e costumi al suono delle launeddas (antichissimo strumento musicale che crea polifonia) e de is goccius, i canti della devozione.
La Festa di Sant’Efisio, all’insegna di folklore, storia, fede e tradizione, affonda le sue origini nel 1652 quando, l’11 luglio, la Municipalità di Cagliari rivolse le sue preghiere al Santo Martire affinchè, grazie alla sua intercessione, terminasse la terribile epidemia di peste che si era diffusa sull’isola: se ciò fosse avvenuto, Cagliari gli avrebbe reso omaggio nei secoli, ogni anno, con un rito solenne.
A settembre del 1656, l’epidemia iniziò a rallentare fino a scomparire del tutto e, così, dal maggio successivo, la comunità rispettò sempre la promessa, con gratitudine e devozione, anche sotto i bombardamenti del 1943 e la recente pandemia da Covid 19.
Si tratta di un momento unico per il capoluogo e tutta l’isola, un evento imperdibile per i devoti al Santo ma anche per chiunque si trovi a visitare Cagliari nelle quattro giornate votate alla festa, opportunità privilegiata per scattare fotografie memorabili e assaporare tutto il fascino di una rappresentazione che non può lasciare indifferenti.
La maestosa processione che tocca gli animi
Per onorare il Santo che promise di proteggere per sempre Cagliari e i suoi abitanti, la maestosa processione ha inizio a mezzogiorno dalle pittoresche viuzze del quartiere di Stampace, uno dei quattro quartieri storici della città, sorto nel XIII secolo ai piedi delle possenti mura del Castello.
Dinanzi al Palazzo Civico, nell’abbraccio delle campane che suonano a festa e l’eco delle sirene delle navi, Efisio si sofferma a ricevere l’omaggio dei cittadini in quello che si può definire il momento più emozionante, di profonda partecipazione.
A rendere il tutto ancora più incantevole, il rituale conosciuto come sa ramadura, lo spargimento di petali di fiori rosa, gialli e rossi ed essenze profumate affinchè il cocchio che trasporta il simulacro di Sant’Efisio possa avanzare su di un coloratissimo tappeto floreale, in un viaggio tra fede, autenticità e la millenaria cultura del popolo sardo.
Lungo il percorso, dopo il passaggio degli oltre duecento cavalieri, i Miliziani, i Campidanesi e la Guardiania, e l’attesa del Santo, nell’aria si diffondono struggenti canti devozionali intonati dalle voci di quattro formazioni a cuncordu.
Tutta la città è immersa in un’atmosfera di vera festa mentre assiste alla processione con i carri adornati da fiori e frutta, le sfarzose traccas, e il cocchio trainato da una coppia di buoi dalle corne ornate con corone di fiori mentre le confraternite deliziano i presenti con i loro canti.
Il corteo si avvia poi verso Nora, luogo del martirio di Sant’Efisio, passando per le chiese di Giorgino e di Su Loi (Capoterra), Villa d’Orri, Sarroch, Villa San Pietro e Pula.
Raggiunta la spiaggia di Nora, il simulacro del Santo viene esposto ai fedeli presso la chiesetta romanica a lui intitolata per poi riprendere il cammino del ritorno la sera del 4 maggio con una coinvolgente processione notturna sulle note dei canti della devozione.
Il rientro a Stampace avviene al cospetto, ancora una volta, di migliaia di fedeli che, al termine della celebrazione, si salutano con l’augurio “a atrus annus!“.
Quattro giorni intensi che vedono una preparazione lunga un intero anno.
In ogni paese, ci si dedica con cura ai preziosi abiti folkloristici che si tramandano di generazione in generazione: le consorelle del Gonfalone sfilano in abito nero con il velo in testa mentre i confratelli in abito penitenziale, con il saio azzurro.
L’Alter Nos, che rappresenta la Municipalità, accompagna il Santo cavalcando in cilindro e frac.
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