Cucina sarda: 10 piatti della tradizione gastronomica isolana
Cucina sarda: un trionfo di sapori e profumi tra terra e mare
I piatti della cucina sarda sono preparati con ingredienti semplici e genuini simbolo della tradizione pastorale, contadina e marinara.
Le ricette della cucina sarda raccontano le diverse anime gastronomiche dell’isola frutto di contaminazioni e scambi fra diverse culture europee e mediterranee: dal pane, alimento dal profondo valore simbolico, ai piatti di mare e terra, senza dimenticare i formaggi freschi e stagionati, i tanti formati di pasta, l’ampia varietà di mieli e gli irresistibili dolci tutti da provare.
L’arte culinaria sarda, che fa parte della dieta mediterranea, il modello nutrizionale proclamato nel 2010 dall’Unesco tra i patrimoni orali e immateriali dell’umanità, è un’esplosione di sapori e profumi esaltati dai vini dell’isola, come il Cannonau e il Vermentino apprezzati in tutto il mondo, e dal mirto, il famoso liquore simbolo di ospitalità e accoglienza.
Al Forte Village, pluripremiato resort circondato dalle meravigliose acque del mare di Sardegna, le specialità della cucina sarda sono protagoniste dei menù creati dai migliori chef italiani che propongono agli ospiti un vero e proprio percorso gastronomico alla scoperta dei sapori della tradizione e delle tendenze più interessanti della cucina nazionale e internazionale.
Dallo splendido ristorante Bellavista affacciato direttamente sul mare, dove gustare prodotti locali a km zero abbinati ai vini del territorio, al Pineta guidato da Giuseppe Bissacot, che propone serate a tema con piatti della tradizione, passando per le cene esclusive e raffinate dell’elegante ristorante Cavalieri, al Forte Village gli ospiti possono scegliere tra una rosa di ristoranti gourmet e stellati per vivere una vera experience sensoriale ad ogni boccone.
Piatti della cucina sarda: 10 specialità da provare almeno una volta
I sapori e profumi della cucina sarda nascono dall’incontro tra memoria, storia e cultura. Vediamo quali sono i dieci piatti che raccontano la ricca e variegata tradizione gastronomica dell’isola:
- Culurgiones: la versione più famosa di questa pasta, simile a un raviolo e dalla caratteristica chiusura a spiga, è quella della subregione barbaricina dell’Ogliastra con il ripieno a base di patate, pecorino e menta, ma la ricetta varia in base alle zone dell’isola: a Gairo, Bari Sardo e Ulassai, ad esempio, il ripieno è a base di patate, aglio e menta, mentre nella Sardegna meridionale si utilizzano ricotta fresca di pecora o di capra, uova e zafferano a cui vengono aggiunti pecorino sardo, noce moscata, bietole o spinaci. Una volta cotti in acqua bollente, i culugiones vengono conditi con olio d’oliva oppure sugo di pomodoro fresco e una spolverata di pecorino grattugiato. Dal 2015 i “Culurgionis d’Ogliastra” sono stati riconosciuti come prodotto IGP;
- Malloreddus: conosciuti nel resto d’Italia come “gnocchetti sardi”, i malloreddus sono un tipo di pasta dalla forma allungata, simile a sottili conchiglie rigate lunghe circa 2 cm, fatti di farina di semola, acqua, sale e aromatizzati con lo zafferano. Tipici della zona del Medio Campidano, provincia del Sud Sardegna, i malloreddus, in genere, sono conditi con ragù di salsiccia e pecorino sardo grattugiato, ma ne esistono molte versioni come gli gnocchetti con casu furriau (formaggio fuso);
- Frègula: è uno dei prodotti simbolo della cucina sarda e la sua forma, consistenza e preparazione ricordano il cous cous mediorientale. I piccoli granelli irregolari, di diametro variabile fra i 2 e 6 millimetri, si ottengono mescolando a mano, all’interno di un grande recipiente di coccio, semola di grano duro e acqua. In seguito, le caratteristiche palline vengono messe ad asciugare al sole su un setaccio di crine e ricoperte con un canovaccio prima di essere tostate in forno per circa quindici minuti. Le origini della frègula, erroneamente italianizzata col nome fregola, sono antiche: basti pensare che il primo documento in cui viene citata è lo Statuto dei Mugnai di Tempio Pausania risalente al XIV secolo in cui viene illustrata la preparazione che doveva avvenire solo dal lunedì al venerdì per poter utilizzare l’acqua per i lavori agricoli previsti nel fine settimana. La frègula si lessa in acqua bollente salata e tra le preparazioni più note e conosciute c’è senza dubbio quella con le arselle (vongole), un piatto tipico della tradizione cagliaritana;
- Porceddu: il maialino da latte arrostito allo spiedo e aromatizzato con zafferano, pepe nero o noce moscata, mirto, timo e menta è tra i piatti più famosi della Sardegna e uno dei più rappresentativi dell’isola. Secondo alcune fonti, la tradizione del porceddu, che originariamente veniva consumato dai pastori sardi esclusivamente nel periodo pasquale, in quanto il maiale era considerato un importante risorsa alimentare per le famiglie, risale al periodo degli antichi insediamenti spagnoli. Per portare in tavola questo grande classico sono necessarie tra le 3 e le 5 ore di preparazione e le tecniche di cottura più conosciute sono due: spiedo in verticale, su braci di ulivo e ginepro, oppure cottura interrata con il porceddu posizionato all’interno di un forno naturale, scavato nella terra, su braci di mirto;
- Panadas: queste tortine salate, di origine spagnola e simili all’empanadas peruviane o argentine, sono formate da un involucro di pasta violata o violada (preparata con semola e strutto oppure semola e olio d’oliva) che solitamente contiene carne di agnello, maiale o pollo, e altri condimenti, come piselli, carciofi, fave, zucchine, peperoni, melanzane, funghi o patate, anche se il ripieno cambia da una zona all’altra dell’isola. La versione più famosa delle panadas è quella a base di anguille, diffusa soprattutto nel Campidano, in particolare nel comune di Assemini, dove in passato la pesca era l’attività principale in virtù della vicinanza alla Laguna di Santa Gilla. La cottura tradizionale avviene in forno ma a Oschiri, nella provincia di Sassari, vengono anche fritte;
- Suppa cuata: è un piatto tipico della Gallura, regione storica del nord Sardegna, il cui aspetto e consistenza ricordano le lasagne. La suppa cuata (zuppa gallurese) si prepara sistemando in una teglia vari strati di pane raffermo che viene inumidito con brodo di carne di pecora, all’occorrenza insaporito con carne di bovino, e condito con formaggio vaccino grattugiato, in scaglie o a fette. A volte si utilizza anche del pecorino stagionato e possono essere aggiunti menta, prezzemolo, cannella, noce moscata o altre erbe aromatiche. Inoltre, al posto del pane raffermo è possibile usare il pane ‘e poddine (spianata), tipico del Logudoro, o il pane carasau. La zuppa gallurese si cuoce in forno e deve essere servita ben calda;
- Burrida a sa casteddaia: è un piatto a base di gattuccio marino (un pesce diffuso nel mar Mediterraneo), aceto, olio evo, noci, aglio e prezzemolo tipico della zona di Cagliari e Pula. Il nome della ricetta di tradizione marinara deriva dal provenzale bourride, che significa “zuppa di pesce” e dall’aggettivo casteddaia che rimanda a Casteddu (Castello), ovvero il nome del capoluogo in sardo. Servito spesso come antipasto, meglio se accompagnato da una fetta calda di pane civraxiu e da un buon bicchiere di Vermentino di Gallura, questo piatto, probabilmente di origine medievale, sarebbe stato introdotta sull’isola dai Genovesi;
- Seada: conosciuto in tutto il mondo per il caratteristico sapore dolce-salato, la seada, detta anche sebada, savada e sevata in lingua sarda, è il famoso dolce isolano a base di semola, strutto, formaggio fresco acido (casu furriau), scorza di limone e miele (o, in alternativa, zucchero). Particolarmente diffuso nelle aree della Sardegna tradizionalmente legate alla pastorizia, la seada deve il suo nome alla Hordeum vulgare da cui si ricava l’orzo (in lingua sarda, cebada) già noto in Sardegna nel Paleolitico insieme a farro e avena, e coltivato sull’isola prima dalla civiltà nuragica e poi dagli antichi Romani. Il piccolo raviolo dal bordo ondulato viene fritto in abbondante olio di semi per un paio di minuti e poi coperto con miele caldo di corbezzolo o di castagno e consumato in abbinamento a un vino dolce e aromatico, come il Vermentino di Sardegna, la Vernaccia di Oristano, la Malvasia di Bosa e il Moscato di Sardegna;
- Papassinu: diffusi soprattutto nella Sardegna meridionale, i papassini sono biscotti tradizionalmente preparati in occasione della festa di Ognissanti, ma oggi è possibile trovarli nelle pasticcerie e nei supermercati in qualsiasi momento dell’anno. Il nome deriva dalla parola papassa che in lingua sarda significa “uva sultanina”, uno degli ingredienti che compongono la ricetta insieme a pasta frolla, mandorle, noci, scorza di limone o arancia grattugiata, spezie e miele. I papassini vengono cotti in forno a una temperatura di 200° e la preparazione, anche in questo caso, varia a seconda della regione storica dell’isola:;
- Pàrdulas: tipico dolce pasquale, diffuso soprattutto nel Sulcis e nel Campidano, le pàrdulas, spesso italianizzate col nome di formaggella, sono torte in miniatura con ripieno di ricotta o formaggio (nel secondo caso vengono chiamate casadinas). Ne esistono diverse versioni, anche salate, con zafferano, all’aroma di arancia o limone oppure con uva sultanina. Le pàrdulas sono cotte in forno e una volta pronte vengono ricoperte con zucchero a velo.
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