Villaggio nuragico di Barumini: storia e curiosità
Barumini: il sito archeologico di Su Nuraxi
Quando si parla di Sardegna si pensa subito al mare azzurro e cristallino e alle spiagge di finissima sabbia bianca, ma l’isola è anche una terra ricca di luoghi affascinanti che custodiscono storie senza tempo come Nora e il parco archeologico di Pula e il villaggio nuragico di Su Nuraxi, nel territorio di Barumini.
Quello di Barumini, comune della subregione storica della Marmilla nel Sud Sardegna, è uno degli insediamenti più grandi dell’isola e fu riportato alla luce negli anni Cinquanta durante gli scavi condotti dall’archeologo baruminense Giovanni Lilliu, considerato il massimo conoscitore dell’antica civiltà nuragica.
Nel 1997 il complesso archeologico di Su Nuraxi è stato classificato dall’Unesco come patrimonio mondiale dell’umanità e oggi la tutela e la valorizzazione del sito, insieme ad altri preziosi beni storici, sono affidate alla Fondazione Barumini Sistema Cultura, che ogni anno promuove numerose iniziative con l’obiettivo di diffondere la storia di un luogo unico nel suo genere.
Vi piacerebbe saperne di più sul villaggio nuragico di Barumini? Scopriamo insieme quali e quante storie custodisce l’antica area archeologica di Su Nuraxi.
Barumini: Su Nuraxi, storia di un simbolo della civiltà nuragica
Il villaggio di Su Nuraxi di Barumini presenta una stratificazione storica che va dal XVI secolo a.C. al VII d.C. e copre un arco temporale di oltre duemila anni.
L’insediamento umano si sviluppa intorno a un nuraghe quadrilobato, costruito principalmente in basalto, una pietra vulcanica dura proveniente dal vicino altopiano della Giara, ed è composto da un bastione di quattro torri angolari più una centrale.
Il nuraghe, simbolo del territorio, è la tipica costruzione in pietra a forma di cono che caratterizza il paesaggio della Sardegna e ancora oggi ne rimangono in piedi circa settemila distribuiti su tutta l’isola.
La torre maggiore, o mastio, intorno a cui è cresciuto il villaggio nuragico di Barumini è stata edificata tra il XVII secolo a.C. e il XIII a.C. Si tratta di un nuraghe a thòlos, termine con cui si indica una torre di forma troncoconica che al suo interno è caratterizzata da camere circolari con pareti aggettanti e una copertura a “falsa volta” o “falsa cupola”. Il profilo della costruzione è il risultato di una sovrapposizione, a secco e circolare, di grossi blocchi di pietra squadrati che verso l’alto diventano sempre più piccoli.
Nel 1300-1000 a.C., periodo del Bronzo Recente, attorno alla torre maggiore furono costruite altre quattro torri alte 14 metri, orientate secondo i punti cardinali, e unite tra loro da una cinta muraria con ballatoio superiore che però non è sopravvissuto al tempo. Dal bastione quadrilobato si accedeva a un cortile, provvisto di pozzo, che serviva per collegare i vani delle diverse torri composte da due camere sovrapposte dalla pianta circolare e con volta a tholos.
Nello stesso periodo, furono costruite le prime abitazione del villaggio, di cui oggi restano poche tracce, e le tre torri dell’antumurale, vale a dire una cinta muraria difensiva, che nel Bronzo Finale fu rinnovata e ampliata. Nel XI-IX a. C. anche il bastione quadrilobato fu sottoposto a dei lavori di rinforzo della struttura e venne rifasciato con mura spesse 3 metri.
Del Bronzo Finale sono anche le abitazioni a pianta circolare ricoperte da tetti in legno e dalla forma conica. La più importante è la “capanna 80” o “capanna delle assemblee” o “capanna delle riunioni” con all’interno un sedile che corre lungo il perimetro dell’edificio e cinque nicchie nelle pareti, dove sono stati ritrovati utensili e simboli votivi che fanno supporre si tratti di un luogo destinato a ospitare le assemblee della comunità.
L’età del Ferro segna la fine del villaggio di Su Nuraxi che andò quasi distrutto e sulle cui rovine furono costruite altre abitazioni che raccontavano una società nuova e capace di confrontarsi con altre civiltà. Le capanne, dette a “corte centrale” o “a settori”, avevano mura circolari e più vani quadrangolari, si pensa dotati di copertura in legno, che confluivano a raggiera intorno a un cortile rotondo e lastricato.
La “rotonda” è sicuramente l’ambiente più importante e significativo. Si tratta di una piccola stanza con una copertura a falsa cupola e dotata di un sedile e un bacile centrale che serviva a contenere l’acqua utilizzata nei riti purificatori o lustrali.
Nel V secolo a.C. con l’occupazione punica, la civiltà nuragica entrò in contatto con una nuova cultura ma ciò non determinò grossi mutamenti né alla struttura del villaggio né alla vita degli abitanti. In seguito, nel II-I secolo a.C., i Romani utilizzarono alcuni ambienti del villaggio come luogo di sepoltura. Abitato fino al III secolo d.C., il sito fu frequentato anche nel periodo alto-medievale (VII d.C.).
Ma non è finita qui perché negli anni ’90 i lavori di restauro di Casa Zapata hanno riportato alla luce Su Nuraxi ‘e Cresia, un altro nuraghe complesso. Costruita sopra l’edificio nuragico, Casa Zapata è un’antica residenza nobiliare edificata nella metà del 1500 e appartenuta ai baroni sardo-aragonesi. Oggi, è la sede del Polo Museale Casa Zapata organizzato in tre sezioni: archeologica, storico-archivistica ed etnografa.
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